La figura 35 mostra una mappa delle Alpi circa 22 mila anni fa, nel momento di massima espansione dei ghiacciai dell’Ultima Glaciazione. Il ghiacciaio dell’Oglio occupava la Val Camonica e il Lago d’Iseo. Una lingua di ghiaccio si era insinuata in Val Borlezza, la sbarrava e la percorreva verso monte, fino a San Lorenzo di Rovetta4 (Fig. 39). Perciò, al momento della massima espansione del ghiacciaio, e anche dopo, la Val Borlezza non aveva sbocco verso la Val Camonica e si formarono diversi laghi, uno dei quali occupò il fondovalle a Cerete tra 17 mila e 15,5 mila anni fa (Lago tardoglaciale di Cerete). Il polline fossile estratto dai suoi depositi appartiene a poche specie forestali che superarono l’ultima glaciazione nelle montagne bergamasche: tra questi il pino cembro, il pino mugo, salici e il larice. Nessuno degli alberi termofili che erano vissuti in Val Borlezza nei periodi caldi riuscì a superare l’acme dell’ultima glaciazione in zona4. Nella fase di massimo, lo spessore del ghiacciaio sopra Pianico era di circa 400 metri. Un altro ramo del ghiacciaio si infilava in Val Cavallina fino a Monasterolo (Fig. 39). Questa ricostruzione non è valida per le glaciazioni più antiche, perché differente era la forma delle montagne e delle valli. In particolare non sappiamo se, durante le più antiche glaciazioni, la Val Camonica avesse uno sviluppo simile all’attuale. Secondo un’ipotesi, l’alta valle era inizialmente tributaria della Valtellina attraverso il passo dell’Aprica, mentre la forma della bassa valle non è facile da ricostruire perché è stata completamente trasformata dall’erosione glaciale recente. Gli studi geofisici sul fondale del Lago d’Iseo5 hanno evidenziato che il basamento al fondo dei sedimenti del lago risale verso il settore meridionale del lago nella zona di Iseo-Sarnico, quindi l’esistenza di una valle fluviale precedente alle glaciazioni appare oggi improbabile6.